Kickboxer | Recensione

Kickboxer è quel film che in qualche modo ce l’hai nel sangue, perché l’hai vissuto nel momento giusto e al posto giusto, perché appartiene perfettamente allo spirito dei suoi tempi, correlato dal fatto che quel periodo le console da gioco stavano entrando prepotentemente nelle nostre case: Street Fighter, Mortal Kombat, Golden Axe, e altri picchiaduro di serie B erano tra i titoli più gettonati. Input che spingevano il desiderio di vedere arti marziali in TV, magari insieme a una soundtrack tamarrissima come quelle che sentivamo nei videogame dell’epoca.

In televisione trasmettevano Beverly Hills 90210 e l’ennesima replica de I Goonies, altri tempi.

Sagat?

Siamo agli inizi degli anni ’90, gli action erano ancora il genere che tirava per la maggiore al box office, sebbene da lì a breve subiranno un declassamento di rating. Stallone e Schwarzenegger dominavano il mercato, tuttavia c’era ancora spazio per l’ingresso di nuovi action hero. Da un lato c’era il promettente e sacerdotale Steven Seagal, sull’altra sponda invece apparse a sorpresa un giovane belga con il sogno americano in tasca e un asso nella manica proveniente da una sperduta giungla indocinese con esercizi fisici dalla dubbia praticità.

Kickboxer è stato indubbiamente il film che ha lanciato Jean Claude Van Damme nello star system che conta dopo il già buon successo di pubblico di Bloodsport, ma non quanto la portata esplosiva di KB. Cioè per intenderci, quel film onnipresente nelle discussioni tra i compagni di scuola, finché tornati a casa ci aspettava un pomeriggio a giocare a Street Fighter.

Circostanze diverse, un mondo più genuino, gioventù che non ritornerà mai più.

Tipico esempio di calcio volante

E poco importa della banalità di Kickboxer, dei dialoghi didascalici e di una recitazione che rasenta il ridicolo, noi amavamo i calci volanti di Van Damme, le sue spaccate, i suoi balletti cringe. Era tutto così spudoratamente pop da sembrare appunto un videogame, con noi attratti da esso come delle zanzare che finiscono dentro una lanterna insetticida.

CRINGE

Qualitativamente parlando oggi un film come Kickboxer non vale nemmeno uno streaming illegale, ma a quei tempi rappresentava il meglio dell’intrattenimento che un giovane potesse sperare di vedere al cinema o in televisione. Pertanto sarebbe superfluo parlare di Kickboxer sul piano strettamente cinematografico, giacché il contenitore è vuoto, nessuna sorpresa, sebbene ci sia un Van Damme che ci mette l’anima al netto dei suoi limiti attoriali, perché lui il sogno americano lo desiderava davvero, lo voleva vivere e non solo sognare.

A noi invece non resta altro che ringraziarlo per tutto il dolore che abbiamo provato per tentare di imitare la sua spaccata.

Grazie