Negli ultimi tempi le serie tv sono diventate la più diffusa narrativa popolare, molto più di qualsiasi altro mezzo di intrattenimento, più del cinema, della musica. Proprio quest’ultima è da sempre considerata il segno distintivo di ogni generazione passata. È un fenomeno già in atto da tempo, tramite un processo graduale iniziato anni fa con serie di successo quali I Soprano e Lost. Oggi le serie tv sono le protagoniste indiscusse nei dibattiti social, e non sembra che sia solo una moda passeggera.
Sebbene le serie tv possiedano meno risorse finanziarie rispetto alla settima arte, hanno ad ogni modo altre carte da giocarsi, puntando tutto su una nuova tipologia di “sceneggiatura seriale orizzontale”, un luogo in cui i cliffhanger spadroneggiano come se non ci fosse un domani. Circostanze che oggi creano di fatto una vera e propria “dittatura dei colpi di scena”.
Tuttavia nonostante questo indiscusso successo, la televisione non ha ancora occupato tutto lo spazio disponibile, dal momento che ancora esiste un certo ampio margine di differenza con il cinema. Differenze piuttosto abissali nei modi e nei tempi del racconto, sia sul piano della scrittura e sia sull’uso dei movimenti macchina. Questa differenza diventa chiara e concisa quando siamo di fronte a registi come di Christopher Nolan, che sebbene non sia un nome nuovo, rimane pur sempre uno dei più innovativi cineasti degli ultimi anni. Piaccia o meno.
Dunkirk è un film tratto da una storia vera durante il secondo conflitto mondiale. Per la cronaca: Dunkerque è una cittadina francese che in piena seconda guerra mondiale rimase per qualche giorno l’ultimo lembo di terra non occupato dalle forze naziste all’interno dei confini francesi, ove soldati inglesi e francesi aspettarono, sotto il fuoco nemico, le navi da soccorso per oltrepassare le sponde più sicure del canale della Manica.
Un evento storico poco conosciuto ai più, ma di enorme portata dentro i confini del regno di Albione. A tutt’oggi ricordato dal popolo di sua maestà come una grande impresa storica di cui essere orgogliosi, nonostante la sconfitta.
L’opera di Nolan analizza questo evento da tre coordinate differenti: Da terra, dal cielo e dal mare. Ciascuna racconta una sua storia, con personaggi diversi, ma tutti insieme legati dalle stesse circostanze. Tre storie, tre archi temporali differenti, ma destinati a incrociarsi.
In Dunkirk ciò che colpisce è il modo in cui l’arte visiva prende il sopravvento su tutti gli altri aspetti. Dunkirk convoglia la settima arte al suo stato originario con il solo uso della forza delle immagini espresse alla massima potenzialità. Non a caso Nolan per l’occasione ha voluto realizzare quest’ultima suo lavoro adattandolo al formato Imax, proprio per dare una maggiore spettacolarità all’immagine.
Nolan fa un elogio del cinema allo stato puro, che a qualcuno potrebbe apparentemente apparire come mero compiacimento fine a sé stesso del cineasta inglese, e forse un po’ lo è. Però sono critiche fine a sé stesse per un film in cui le immagini parlano da sole.
Per la colonna sonora Nolan si è affidato nuovamente alle mani di Hans Zimmer, che in tal caso compone una soundtrack che diviene essa stessa parte contenutistico di Dunkirk, funzionale all’aumentare del ritmo delle scene.
Dunkirk non è un film per tutti: I cinefili appassionati delle forti tinte politiche anticonformiste rimarranno delusi dato che Dunkirk non porta avanti nessuna istanza anti-militarista. Il suo compito è un altro: omaggiare “la più bella sconfitta di tutti i tempi” subita dagli inglesi nella loro storia, giocoforza descritta in salsa patriottica.
Anche qui i detrattori di Nolan troveranno anche qui pane per i loro denti giacché anche in Dunkirk manca quell’empatia tra l’opera e lo spettatore, che in effetti è uno dei più grossi problemi del cineasta inglese.
È presto per dirlo, ma forse siamo di fronte ad un film destinato a divenire nel tempo un grande classico del nostro tempo.