Top Gun: Maverick | Recensione

Top Gun: Maverick recensione

Tom Cruise è un cyborg appositamente progettato per vivere e brillare di luce propria a Hollywood Boulevard; il prototipo dell’uomo di successo con una bella faccia da schiaffi. Oggi il ragazzo ha raggiunto i sessant’anni suonati, tuttavia è sempre lì pronto a mettersi in gioco come se avesse iniziato ieri la carriera di attore e nonostante siano passati secoli dal film che lo ha consacrato nell’olimpo dello star system internazionale. Da allora i tempi sono cambiati, il cinema mainstream vive un periodo senza idee, pieno zeppo di remake/sequel dai facili incassi, ciononostante tutto avremmo immaginato eccetto un sequel di Top Gun, eppure adesso è qui tra noi, a quanto pare vivo e vegeto.

Non è un reboot, non è un remake, ufficialmente è un sequel, forse no. Di fatto c’è un nuovo cast di giovani reclute, ma il protagonista rimane sempre il nostro integerrimo Tom Cruise, sempre lì a gigioneggiare con quel sorriso artefatto e spiattellarci il suo conto in banca. Ma sapete che c’è? Top Gun: Maverick finora è una delle operazioni più riuscite nel campo dell’intrattenimento nostalgico, dieci spanne sopra quel requel di Star Wars VII. Maverick funziona perché si presenta con quella stessa verve cazzeggiona da videoclip musicale come lo era il suo predecessore, e lo fa nel modo più spavaldo possibile con una certa cognizione di causa: sa cosa vuole essere e ha ben chiaro qual è il target da ringiovanire per qualche oretta.

Sì ok.

Maverick non si accontenta di giocare con il passato, ma è di fatto una copia identica del suo predecessore con poco spazio di manovra sul fronte novità, se non nell’ultima parte. Un copia-incolla audace se consideriamo che il primo Top Gun non brillava di certo per originalità. Se questo sia un bene o un male dipende dai punti di vista; è un’operazione che possiede oggettivamente i suoi limiti, e funziona solo se dall’altra parte c’è qualcuno disposto a lasciarsi andare in un mare di nostalgia canaglia, o altrimenti c’è un rischio concreto di déjà-vu straniante e alquanto fastidioso.

La grande differenza tra passato e presente è il budget; il primo Top Gun, almeno inizialmente, venne realizzato senza molte pretese e con un target relativamente nella norma, senza immaginare cosa sarebbe diventato dopo, cioè uno dei cult generazionali più influenti di quegli anni, tanto che la Marina militare statunitense ancora ringrazia per la pubblicità. Un film diventato leggenda, e difatti non è un caso che per il sequel non abbiano badato a spese, chiaramente nei limiti del possibile per un prodotto del genere; spese che riguardano soprattutto l’aspetto strettamente tecnico-coreografico.

Qualquadra non cosa.

Personalmente penso che Maverick sia un progetto che avrebbe trovato nello streaming il suo sbocco più naturale, sebbene il box office dica il contrario. Ma è un mondo difficile, abbiamo bisogno di ricordare i tempi andati quando eravamo giovani e spensierati, e Top Gun gioca cinicamente questa carta pescando a strascico nei confronti di chi nel frattempo ha fatto famiglia e un mutuo a carico. Il box office ha già detto la sua, la nostalgia è potente.