Il puritanesimo è un movimento religioso fondato in Inghilterra attorno il XVI secolo. Come già suggerisce il nome il suo obiettivo era di spazzare via dal credo tutto ciò che non è previsto dalle sacre scritture, cioè la chiesa di Roma. Un movimento che ha trovato nell’allora nuovo continente un luogo in cui professare liberamente il proprio credo cristiano, precisamente nell’area che oggi chiamiamo New England.
I primi puritani facevano una vita semplice, basata sul lavoro e la preghiera. Apparentemente una vita felice, senonché la paranoia di cedere nel peccato a volte sfociava in una sorta di isterismo collettivo che non di rado portava a una spietata caccia alle streghe (Salem docet).
The Vvitch narra le vicende di una famiglia di puritani, ma William (il padre-padrone) è un predicatore ancora più ortodosso della comunità di appartenenza, ragione per cui viene esiliato insieme alla sua famiglia al di fuori delle mura del villaggio e costretto a cercare un luogo sicuro dove vivere insieme alla sua famiglia nel nome del Dio che egli professa.
Una volta insediatosi nel suo nuovo Eden per ottenere un ingresso easy per il paradiso, la gioiosa famiglia cristiana inizia una nuova vita con i precetti più ortodossi del puritanesimo. Una scelta che avrà delle serie ripercussioni sulla psicologia dell’intero nucleo familiare e dà inizio a un lungo giro di giostra della follia.
The Vvitch è un horror ben confezionato sia sul piano contenutistico e sia visivo, dai tempi piuttosto dilatati che ci danno la possibilità di osservare l’arrivo del lento e inoserabile disagio mentale all’interno della famiglia in questione, impegnata nel frattempo a gestire altri problemi di natura più prosaica come quello della sopravvivenza. È anche un film di silenzi, con lo scopo preciso di evidenziare la frustrazione psicologica dei membri della famiglia. Il rapimento di un figlio a inizio film è la miccia che fa saltare in aria la già precaria e drammatica situazione psicologica familiare.
È un’opera dalla doppia valenza, come horror soprannaturale e come thriller psicologico. A voi la scelta.
Nonostante il budget risicato, The Vvitch è un’opera ben curata, con una buona regia e un buon montaggio (anche sonoro), che con quel poco che possiede porta a casa un buon risultato. The Vvitch rientra in quella categoria di horror di nuova generazione, in cui metafore e allegorie sono uno strumento per dirci qualcos’altro di più intimo. Consigliato.