Le vie di internet sono infinite. Oggi si può produrre un film anche grazie all’aiuto di gente comune seduta di fronte un computer, magari proprio mentre legge questa recensione. Nel caso di un film come The Void il crowdfunding a premi è stato pure allertante, tanto che alcuni di essi hanno avuto la fortuna di partecipare come comparsa nel film.
Sono cambiati i tempi, poiché a dispetto del passato le nuove generazioni di cineasti hanno maggiori possibilità di realizzare il loro corto/lungometraggio dei sogni, sia grazie ai nuovi mezzi medium, sia perché i costi sono notevolmente più abbordabili rispetto al passato. Un’altra dimostrazione che la nostalgia dei gloriosi tempi passati è solo un mucchio di nulla, dato che il presente (e il futuro) riserva sorprese e occasioni prima impensabili, come ben sanno Steven Kostanski e Jeremy Gillespie, al loro primo lungometraggio con The Void.
Presentato durante il Toronto Dark Festival, The Void è stato acclamato come la rivelazione dell’evento. Un horror che si ispira sfacciatamente alle atmosfere anni ’80 di carpenteriana memoria, masticate e risputate decenni dopo tramite una miscela di omaggi a cult quali La Cosa, La Casa e Distretto 13, con sua santità Lovecraft sullo sfondo.
The Void è ambientato nella classica provincia americana buona per tutte le stagioni, e sebbene non si faccia mancare molti cliché del caso, l’horror del duo canadese possiede dei colpi di classe da non sottovalutare per ciò che concerne il piano tecnico, un aspetto rafforzato dal fatto che stiamo pur sempre parlando di un prodotto relativamente low budget. Ma d’altronde non c’è da sorprendersi se le nuove generazioni di filmmaker superano qualitativamente altri cineasti più blasonati mediante una preparazione migliore rispetto al passato, oltreché una sana dose di talento innato; è già avvenuto altre volte e continuerà anche in futuro. Il giudizio finale dipende da quanta dimestichezza si possiede con la settima arte. Così disse Zarathustra.
Nonostante The Void sia una prodotto low-budget nel suo piccolo spicca grazie a una regia attenta ai dettagli, un buon montaggio e soprattutto mediante un’ottima messa in scena complessiva, tetra e claustrofobica, funzionale al film. E malgrado a tratti dimostri un certo grado pressappochismo sul piano narrativo, la percezione è comunque di essere di fronte a una produzione dal normale budget, in particolare attraverso riguarda l’eccezionale lavoro di make-up artist, cioè per intenderci quell’aspetto più legato al curriculum di Kostanski e Gillespie.
Chiariamo un punto: The Void non appartiene a quella categoria di horror rivoluzionari, giacché il suo punto di forza si trova prevalentemente sul piano tecnico. Spiace un po’, poiché sembra a tutti gli effetti un’occasione mancata per aggiungere un altro tassello alla lista dei cult horror a basso costo. Le criticità di The Void sono dovute a causa di uno script non proprio originalissimo, non supportato dai dialoghi piuttosto superficiali e didascalici. Oltretutto il finale non regge le ottime aspettative della prima parte del film. Pertanto resta quell’amarezza di fondo per un horror che avrebbe potuto dare di più e invece preferisce percorrere sentieri battuti centinaia di volte per giocare sul sicuro.
The Void è un’opera suggestiva, fatta con passione e tecnicamente sborditiva a dispetto di un budget irrisorio per gli standard hollywoodiani. Un titolo immancabile nella collezione di qualsiasi amante dell’horror, ma anche per coloro che hanno una benché minima idea di come approcciarsi al cinema indipendente. L’auspicio è di confidare nel sacro web affinché in futuro altri talentuosi registi possano ricevere altri risparmi dei contribuenti per inscenare i loro sogni, o perché no, i loro incubi.