Silent Hill | Recensione

Il rapporto tra cinema e videogiochi è simile al rapporto che c’è tra la pizza e l’ananas, lo dice la storia, e lo dicono anche i migliori pizzaioli del mondo. Una circostanza dimostrata dal fatto che raramente si è visto un tien-in del genere degno di nota. Qualcuno ha pronunciato Mortal Kombat? Sì carino per i fan e tamarro al punto giusto, ma nel complesso un filmetto se confrontato col sacro cinema delle arti marziali.

La lista dei titoli più brutti degli ultimi 30 anni contiene tra le sue fila numerosi film con licenze videoludiche: da Super Mario a Street Fighter, da Doom a Rampage, per non dimenticare l’intera saga di Resident Evil.

A loro volta anche i videogames con licenza cinematografica sono riusciti a produrre giochi al limite del buon gusto e del buon senso, dimostrando che al peggio non c’è mai fine. Uno su tutti l'(in)dimenticabile videogame di E.T., che si rivelò un flop così grande da indurre i finanziatori del gioco a seppellire migliaia di copie invendute nel deserto del New Mexico. True Story.

Questo tunnel degli orrori nasce dalla malsana idea che basti acquistare i diritti di un titolo di successo per far cassa al box-office col minimo sforzo. Chissà perché a quanto pare non sembra che tale modus operandi sia scemato nel tempo, come se ci trovassimo di fronte ad uno dei dieci comandamenti del marketing.

Però ad onor di cronaca è giusto dire che non tutti i tien-in fanno schifo allo stesso modo: anzi qualcuno è addirittura riuscito ad emergere come buon film horror, come nel caso di Silent Hill. Per chi non l’ha mai sentito nominare, il titolo in questione è un survival horror pubblicato nel lontano 1999 per Playstation. Le opprimenti e inquietanti atmosfere della cittadina nel quale erano ambientate le vicende fu uno degli elementi più ammirati dai videogiocatori.

Chiariamo subito una cosa: non mi interessa parlare delle sostanziali differenze narrative tra il gioco e il live action. Una premessa necessaria affinché si eviti di cadere attorno una delle maggiori critiche che il film ha ricevuto da parte dei fan, poiché penso sia una polemica inutile se consideriamo che il cinema da sempre cambia le carte in tavola riguardo alle sue fonti di ispirazione, sia quando si tratta di un romanzo e sia rispetto a qualsiasi altra cosa.

La pellicola non spicca né per la qualità dei suoi dialoghi, né tanto più per la recitazione piuttosto mono-espressiva. Invece offre il meglio di sé innanzitutto grazie all’ottima realizzazione scenografica della cittadina di Silent Hill, che ben rispecchia lo spirito angosciante della sua controparte videoludica, di Chernobyl memoria. Inoltre l’aspetto scenico è accompagnato dall’ottimo design del suo bestiario: composto da uomini malformati ridotti ad una condizione di anime in pena all’inferno. Alcuni di essi sono davvero superlativi: come ad esempio Pyramid Head o la ragazzina piantata nel letto.

Le morti sono piuttosto trucide come è giusto che sia per un videogame che ha riposto nel sangue e nella violenza il suo centro di gravità permanente. 

Prodotto con 50 milioni di dollari ne ha incassati solo 100. Se aggiungiamo le spese di marketing e gli accordi per la distribuzione del film possiamo concludere che non sia stato un grande affare. Però resta almeno la gloria di aver realizzato il primo tien-in cinema-videoludico finalmente dignitoso.