Punto di non ritorno | Recensione

La paura, quella vera, quante volte l’avete avvertita al cinema? Non di rado alcuni titoli partoriscono dell’idea di superare un certo limite per soddisfare un pubblico più smaliziato e dal malsano divertimento (presente!). In tal senso uno degli horror meglio riusciti di tutti i tempi è stato indubbiamente L’Esorcista, una vera e propria pietra miliare di questo genere, che addirittura ebbe l’effetto di alcuni  provati casi di isteria collettiva al seguito. Fino ad oggi molti conservano ancora il timore di rivederlo.
Shining è un altro di quei film che all’epoca fece scalpore per le sue cupe atmosfere, i corridoi da brivido e le sue inquietanti figure. Da molti è considerato il miglior horror di tutti i tempi, mentre per altri è solo un bel film un po’ sopravvalutato. 
Ma erano altri tempi, sono passati tanti anni e il genere horror sente la necessità di spremersi di più le meningi per riuscire a far davvero paura, non è facile ma qualche volta capita che qualcuno ci si avvicini. 
E infatti nel ’97 arriva in sordina un quasi piccolo capolavoro sulla falsariga di Alien, stiamo parlando di Punto di non Ritorno, girato da un’ancora sconosciuto Paul W.S. Anderson. 
A differenza del sopracitato Alien qui non è presente nessun xenomorpho che si aggira a caccia di prede al fine di riprodursi, ma in compenso c’è qualcosa di più inquietante, qualcosa che per certi aspetti fa più paura.
Dalla Terra si riceve un segnale di aiuto proveniente dai dintorni dell’orbita di Nettuno, e precisamente dalla sperduta astronave Event Horizon, scomparsa sette anni prima dai radar terrestri durante la sua prima missione inaugurale per testare il nuovo motore a curvatura. 
Dunque viene subito organizzata una spedizione di soccorso, che però all’insaputa dell’equipaggio si rivela più che altro una missione di recupero di quel prezioso motore sperimentale, in grado di creare dei buchi neri controllati affinché curvi lo spazio-tempo e permetta viaggi interstellari.
Una volta giunti a destinazione tutto l’equipaggio di soccorso si troverà catapultato di fronte un orrore popolato da demoni reali o presunti, e fantasmi provenienti dai sensi di colpa. E’ l’inizio dell’incubo. 
Punto di Ritorno è un titolo dalle ottime trovate visive, difatti l’astronave è ben curata e lascia soddisfatti gli appassionati di fantascienza. Le atmosfere sono cupe come non si vedeva dai tempi di Alien. I varchi dell’Event Horizon richiamano alla mente gli stessi inquietanti corridoi di Shining, e guarda caso ci si imbatte in simili angoscianti apparizioni.
Possiamo dividere il film in due parti, ciascuno dei quali offre una differente sorta di horror. Nella prima parte, a mio parere quella meglio riuscita, l’orrore viene solo percepito e intravisto a piccole dosi. La tensione è palpabile grazie anche a un’ottima regia di un ispirato Anderson, e se avesse continuato così fino alle fine avremmo sicuramente urlato al capolavoro.
Nella seconda parte si schiaccia l’acceleratore verso la vena splatter, in un lunga corsa che ci porta dritti dentro un’orgia dal gore più sfrenato, con un miscuglio di corpi ridotti in brandelli che lasciano poco spazio all’immaginazione. Non male in realtà, peccato però che tale situazione coincida con il momento nel quale la sceneggiatura si fa più ingarbugliata e smette di mantenere una certa coerenza che invece sarebbe stata indispensabile affinché non mandasse a monte la tensione e la suspense della prima parte. 
La sensazione è che le scene finali siano caratterizzate da una violenza fine a sé stessa, dimenticando però i buoni propositi iniziali.
Punto di non Ritorno è un buon fanta-horror che purtroppo ci lascia la curiosità di sapere dov’è ca**o è finita l’Event Horizon durante la sua assenza. In un altro universo? All’Inferno? La risposta non ci è data sapere, ma sarebbe stato molto più interessante focalizzarsi su questo aspetto invece di buttarla in caciara proprio alla fine. 
Viviamo in un periodo di inutili remake, manca all’appello l’unico rifacimento che avrebbe senso realizzare.
Event Horizon (questo è il titolo originale) rimane in ogni caso uno dei migliori horror degli anni ’90. Imperdibile per tutti gli appassionati del genere.