Programmato per Uccidere | Recensione

Negli anni ’90 ci credeva tantissimo, Steven Seagal era il nuovo Action Hero spaccaculi, una figura che si distingueva dagli altri Hero grazie a quella flemma da parroco di paese pronto a giudicarti e slogarti un polso a causa di una parola di troppo. Per gli standard di allora era un personaggio con un carisma un tanto al kilo, un caxxoduro, come dicono nei peggiori bar di Caracas. Oggi invece è solo un un tizio strano che dice cose strane e gira filmetti in Bulgaria, ma noi vogliamo ricordare quel Steven Seagal dei tempi migliori, protagonista di memorabili action b-movie.

Programmato per Uccidere è la terza pellicola dell’attore del Michigan, dopo Nico e Hard to Kill. Un titolo che possiede tutti gli stilemi del cinema di Seagal già osservati nei suoi predecessori, storie che si basano sulla banale lotta tra il bene e il male, tra “scegli la vita” e la droga, tra Steven Seagal e le cattivi abitudini, insomma ci siamo capiti.

Stavolta il nostro è alle prese con una gang di rasta jamaicaini devoti alle pratiche vudù a cui piace ascoltare musica reggae (la variante caraibica di italiani pizza, spaghetti e mandolino). A capo della gang di jamaicaini c’è Il Maestro, un boss che si spaccia per una divinità e spacciatore di magia bianca in giro per le strade di Chicago. Il Maestro non dispone di un self control invidiabile, difatti la paura e la violenza sono i deus ex machina per espandere i suoi affari in tutta la città, così tenace da sopravvivere a un malocchio a base di shortini Bacardi e sigari cubani (true story). Al Maestro la vita gli sorride e tutto scorre per il verso giusto, o almeno finché non incontra Steven Seagal nella parte di sé stesso, nonostante si nasconda dietro altro nome, in tal caso nei panni di un ex agente della narcotici con la passione delle armi fin dai tempi della scuola, come si può notare dalla sua bella collezione di pistole in cameretta. D’altronde chi non ha mai avuto in regalo un’arma da fuoco insieme alla PlayStation. Infine nessuna sorpresa, prevedibile come un porno: Seagal rompe le natiche a tutti.

Asp…dov’è la spada?

A dispetto dei suoi predecessori Programmato per Uccidere è il più cattivo in termini di azione e momenti truculenti, difatti tante sono le ossa rotte, ma c’è spazio anche per decapitazioni e altre amenità, per la felicità di nonne e bambini. È una storia così semplice che per apprezzarla fino in fondo non richiede nemmeno l’Università della strada, non a caso partorita nei primi ’90, giacché perfettamente in linea con la domanda del mercato di quel periodo con action piuttosto simili tra loro. Film che nella loro semplicità continuano ad affascinare per il loro modo di essere così grezzi, così cringe, finanche anacronistici a causa di un certo sessismo e bigottismo pre-internet, ma ad ogni modo restano un’importante testimonianza storica di come Steven Seagal abbia rotto il culo ai jamaicaini, segnatevi questa.