Quanti Pinocchio negli ultimi anni? Dopo il Benigni’s cut pensavamo che l’interesse per la fiaba di Carlo Collodi fosse scemata nel tempo, e invece solo negli ultimi tempi sono approdati in ordine cronologico prima il Pinocchio di Garrone; poi il live action di Zemeckis su Disney+, e ora tocca al Pinocchio di Guillermo Del Toro, by Netflix. A quanto pare il mondo non può fare a meno di Pinocchio, sarà forse per il suo essere una grande storia di formazione e contemporaneamente per essere così dannatamente straziante, tuttavia resta il dubbio se abbia ancora senso un’altra riproposizione di un classico già passato al setaccio da chiunque. Ma sapete che c’è? Oggi è la volta buona, finalmente.
Bellissimo, ecco cos’è l’ennesimo Pinocchio di Guillermo Del Toro. Superbo perché sul piano tecnico è un orgasmo per gli occhi in stop motion; affascinante per l’arco temporale tra le due guerre mondiali e il fascismo sullo sfondo, con quel carico di grottesco che gli si addice; meraviglioso perché il racconto di Collodi nasce nell’ottocento come fiaba e manuale d’ancien régime del “bravo bambino”: ubbidiente, conformista, ottimo scolaro. Qui invece viene ribaltato quest’approccio per affermare l’accettazione delle persone per quello che sono e non per ciò che vorremmo che siano. Ragione per cui sarà proprio Geppetto a supplicare quel perdono che non ti aspetti, il più grande atto di umiltà che un genitore possa fare a un figlio. Sublime.
Il Pinocchio di Del Toro nel suo infantilismo è un anticonformista estraneo al credo, le regole e i costumi del mondo già costituito. Un’opera popolare rivisitata del cineasta messicano che capovolge il mito del mondo degli adulti, da sempre accreditato dalla parte giusta dello zeitgeist, sebbene giocoforza anacronistico e intriso di vecchie logiche non di rado assolutamente errate, figlie a loro volta del retaggio culturale del passato. In tale circostanza Pinocchio è la variabile impazzita immerso in una realtà circoscritta da consuetudini obsolete e discriminatorie nei confronti del diverso e del libero pensiero, buono solo come strumento del grande gioco degli adulti.
Pinocchio di Guillermo Del Toro è un racconto macabro, funereo, ma paradossalmente è allo stesso tempo un inno alla vita, a prenderla così com’è, nella sua relatività di fronte alla morte, un canto di libertà contro l’ordine precostituito. Un’opera che alla fine della giostra commuove e fa riflettere come sanno fare solo i capolavori, e noi dinanzi a esso possiamo solo subìre e ammirare una tale prepotenza artistica.