Nosferatu | Recensione

Nosferatu film recensione

Per dovere di cronaca: il primo Nosferatu nasce negli anni venti in Germania come un’imitazione senza licenza – o qualcosa di simile – del romanzo di Bram Stoker; una cinesata. Ad ogni modo gli eredi di Stoker chiesero e ottennero per vie legali la distruzione di tutte le copie e un risarcimento per plagio che portò in bancarotta la casa di produzione Prana-Film. Fortuna vuole che in qualche modo una copia del film sia venuta fuori pochi anni dopo, il resto è storia. Con Nosferatu Friedrich Wilhelm Murnau è entrato nella leggenda per aver realizzato quello che oggi viene considerato uno dei più grandi capolavori dell’horror e dell’espressionismo tedesco. Un cinema a tratti lisergico, in cui la soggettività distorce la realtà oggettiva. Insomma, materia prima per qualsiasi hipsterata, non a caso è qui che entra in gioco Robert Eggers, che aveva già iniziato a pizzicare le corde di quel cinema lì con The Lighthouse.

Per questa occasione Eggers approfitta dall’involontario assist di Bram Stoker dal momento che Dracula non è solo un romanzo a tinte horror, ma anche un racconto che affronta tematiche piuttosto attuali, infatti visto da una prospettiva più contemporanea il Dracula di Bram Stoker rappresenta a tutti gli effetti una romance tossica, con tutto ciò che ne consegue. Pertanto con molta perspicacia Eggers dirige il suo Nosferatu attorno questo metaforone. Ben ci sta, ma è tutto qui? Eh sì, è tutto qui. Spiace perché avremmo anche voluto essere un po’ sorpresi da una bellezza estetica così atipica. Bella la messa in scena, bello il citazionismo eh, però il cerchio inizia e si chiude banalmente nel momento in cui finisce la metafora, e poi nient’altro, oltre l’idea basilare in chiave moderna resta un lungometraggio piuttosto standardizzato per i canoni dell’horror mainstream. Nessuna sorpresa, nessun guizzo, cioè il contrario di ciò che uno si aspetta dal regista di The Witch.

La sensazione è che in termini di scrittura/creatività poteva dare di più, tenendo ben presente la fonte originale da cui proviene, invero la nota dolente riguarda il fatto che questo Nosferatu pecca per aver tralasciato l’aspetto horror, che poi è proprio la sua peculiarità, e che qui invece non c’è, sostituito dalla metafora sull’amore tossico che tanto rimanda all’Uomo Invisibile di Leigh Whannell; un concept interessante sì, e per certi aspetti più inquietante di una semplice favola dark, tuttavia non basta per innalzarlo a ciò che vorrebbe essere se infine la tensione viene meno. La stessa figura del Nosferatu non incute quel terrore che dovrebbe invece portare con sé un tanto al kilo, nonostante abbia curiosamente la stazza di uno Schwarzenegger qualsiasi. E il sangue? Dov’è il sangue? Il Dracula di Francis Ford Coppola ne aveva a fiumi, letteralmente. E invece pur di portare a casa un elevated horror mainstream siamo dalle parti del melò.

Non tutte le ciambelle escono col buco, nemmeno con le migliori intenzioni, l’intelligenza e un background culturale alle spalle. La storia è piena di grandi cineasti che hanno girato brutti film, o perlomeno riusciti a metà, o meno della metà, capita, non si può sempre essere impeccabili tutti i giorni della propria esistenza. Adesso so cosa state pensando, ma no, Nosferatu non finirà nel dimenticatoio. Però dai, si poteva fare di più.

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