Dici Il Signore degli Anelli e istintivamente viene da pensare che a Hollywood abbiano sempre avuto un debole per il fantasy, o perlomeno che gli abbiano sempre riservato un posto speciale nella fabbrica dei sogni; eppure non è così, o almeno fino all’arrivo della trilogia di Peter Jackson. Il fantasy, chissà perché poi, è stato per molto tempo un genere rimasto confinato fuori dai giri che contano; forse per ragioni di budget, oppure semplicemente perché in passato non c’era mercato per vendere elfi e nani, boh. Non a caso i nomi che ci ricordiamo sono sempre gli stessi per tutti, tra i quali ricordiamo Ladyhawke, col tempo divenuto un cult, ma comunque una poverata. Lasciamo perdere Fantaghirò, fatto a uso e consumo per la TV italiana. A seguire La Storia Infinita e Legend di Ridley Scott, quest’ultimo un polpettone inguardabile senza appello. Magari mi sfugge qualcun altro dalla lista, però insomma, i nomi si contano con le dita di una mano, ed in ogni caso non possiedono una mitologia e un world building degno di nota per un genere che d’altronde poggia le sue basi su tali elementi. Pertanto arriviamo a Krull, datato 1983, un fantasy che a dispetto di altri ci ha creduto di più e senza nessuna vergogna.
A dir la verità Krull non è esattamente un fantasy, perché è ambientato in un altro pianeta, e perché ci stanno i fucili laser e gli alieni, un po’ come Star Wars, tra l’altro con una copia-carbone della scena iniziale, però l’impostazione è quella del fantasy con tutti gli stilemi del caso: il principe azzurro, il giullare, la principessa da salvare, la magia, eccetera. Similitudini che in realtà si riscontrano anche in Star Wars, tuttavia qui l’ambientazione da Dungeons&Dragons rilancia il contesto verso zone più familiari con il genere a cui principalmente si rivolge.
Nonostante all’epoca sia stata spesa una cifra astronomica per realizzarlo, Krull rimane una pellicola riuscita solo in parte. Ci crede sì come fantasy, ma con pigrizia, delimitato da una sceneggiatura che si muove su binari prevedibili e troppo scontati anche per i suoi tempi. La scrittura non graffia e di un plot twist nemmeno l’ombra, resta la banalità della storia che vuole raccontare, sicché alla fine del giro ci rimane solo uno spettacolo di nani e ballerine che fanno cose. Oltretutto la recitazione a tratti appare svogliata e non lascia traccia, senza ricordare chi abbia interpretato cosa, compreso un giovane e allora sconosciuto Liam Neeson, che però qui non minaccia nessuno al telefono.
Ciononostante Krull si guarda con amorevole ammirazione, perché un world building artigianale di un certo rilievo merita sempre rispetto, malgrado a tratti grossolano, e se non fosse stato per l’uso di una post-produzione posticcia sarebbe stato meglio per l’economia del film. Ciononostante alcuni concept estetici sono notevoli, magari non proprio riusciti, ma belli e suggestivi per l’epoca.
Oggi Krull non appare invecchiato benissimo, ma è sempre bello rivedere qualcosa che ci riporta a la mente un passato che non c’è più, e che inoltre ci ricorda quando prima de Il Signore degli Anelli potevamo solo immaginare il fantasy con una partita a Heroquest.