Il Tredicesimo Guerriero | Recensione

 
Negli anni ’90 Michael Crichton è stato uno degli scrittori più in voga a Hollywood, dai suoi romanzi provengono blockbuster di successo come  Jurassic Park di Steven Spielberg, e anche altri titoli meno fortunati, ma comunque degni di nota come Twister e Congo.
Tra i suoi romanzi più avvincenti tradotti in live action c’è sicuramente Il 13esimo Guerriero, estratto dal romanzo Mangiatori di Morte e diretto dal regista John McTiernan (Die Hard, Predator), con protagonista l’ispanico Antonio Banderas, nei panni di un diplomatico arabo proveniente dalla corte della Baghdad delle mille e una notte. Il protagonista si ispira a un viaggiatore iraniano realmente esistito attorno il 900 d.c, considerato dagli storici contemporanei come uno dei primi viaggiatori musulmani ad aver viaggiato fino all’estremo nord e descritto la cultura norrena.
I Vichinghi sono uno dei popoli più affascinanti dell’antichità, in televisione dopo un po’ di maretta sono ritornati alla ribalta soprattutto grazie alla serieTv Vikings con le gesta di Ragnarr Lobrock e la sua compagine di ubriaconi. Del resto siamo sinceri: i vichinghi spaccano, basta pensare ai fiordi, le navi bellissime, scudi, asce, le folti barbe color rossastro, eccetera.
 
 
Sinossi: secondo una leggenda un giorno arriveranno dall’estremo-estremo nord delle forze oscure che porteranno morte e miseria nelle terre di Odino. Questo male potrà essere estirpato solo grazie all’aiuto di 13 guerrieri; 12 vichinghi e uno straniero. In tale situazione la sfiga vuole che Ahmad Ibn al-Abbas b. Rashid Hammad (che qui per comodità chiameremo Antonio) si trovi nel posto sbagliato nel momento sbagliato.
 
 
L’incontro tra culture differenti, una rude e l’altra proveniente dalla sofisticata e illuminata Baghdad rappresenta l’aspetto più divertente de Il 13esimo Guerriero, un po’ come invitare un radical chic a cena da Gigi er Troione. Per Antonio, uomo di grande cultura, quest’avventura diverrà un lungo viaggio fino ai confini del mondo insieme a un manipolo di primitivi, perlomeno ai suoi occhi; stranieri che in seguito diverranno amici grazie a un corso iper-accelerato di lingua norrena che nemmeno in Matrix abbiamo visto.
Sebbene Il 13esimo Guerriero non rientri nella categoria dei film tripla A rimane ad ogni modo un film pieno di guizzi interessanti, sia perché alle spalle c’è un racconto suggestivo come  I mangiatori di Morte, e sia per il suo legame con l’universo norreno. Inoltre possiede un certo pathos che ben si congegna agli appassionati del mondo dei figli di Thor.
 
 
Spiace che il film non possieda quel quid per omaggiare al meglio la sua controparte cartacea, e difatti perde quell’atmosfera fantasy-storico-adventure a causa di una virata action che un po’ stona con un romanzo che faceva del mistero e dell’avventura la sua fortuna, ma d’altronde se alla regia c’è uno un peso massimo dell’action non potevamo aspettarci diversamente. Sarebbe stato più interessante focalizzare maggiormente l’attenzione sull’incontro/scontro tra la cultura araba e quella normanna, che qui invece viene solo accennata. In generale la critica maggiore riguarda un po’ di approssimazione sul piano della scrittura e tecnico, poiché sembra girato con la stessa visione e i mezzi produttivi da action dei primi anni ’90, a discapito di un progetto che poteva essere ben più ambizioso in prima battuta. Forse un budget più adeguato avrebbe aiutato la causa, però sappiamo che la storia non è fatta di sé.
Detto ciò, tuttavia Il 13esimo merita l’appellativo di cult, dato che alla fine della giostra convince e diverte come è giusto che sia per un blockbuster pensato per il mainstream; in qualche modo il world building dei poveri funziona. In un periodo di remake come quello che stiamo vivendo non possiamo altro che augurarci un ritorno di Ahmad Ibn al-Abbas b. Rashid Hammad, detto Antonio.

Una risposta a “Il Tredicesimo Guerriero | Recensione”

I commenti sono chiusi.