Drive | Recensione

Il cinema statunitense e quello del resto del globo sono molto differenti per diversi aspetti, sia in termini tecnici e sia in termini di prospettive, è risaputo. Ciascuno con i suoi pregi e i suoi difetti. Non di rado però le due correnti di pensiero hanno incrociato le loro strade per dare vita a titoli piuttosto suggestivi. Non a caso alcuni tra i titoli più interessanti degli ultimi anni provengono dal cinema messicanano, rappresentato da registi del calibro di Guillermo Del Toro o Inarritu, oppure dal canadese Denis Villeneuve. L’Europa fa storia a sé. 

Nicolas Winding Refn è un cineasta danese, l’unico che a dir la verità conosca nel pantheon delle grandi star insieme internazionali insieme a Lars Von Triar e Viggo Mortensen. Refn è un giovane cineasta già arrivato pochi anni fa alle cronache per aver dimostrato il suo talento tramite un’opera che successivamente è divenuta un cult tra i cinefili: Drive.

Drive per certi aspetti è un heist-movie anomalo, di produzione a stelle strisce ma dal cuore europeo. Il protagonista è un freddo calcolatore, stunt-man di giorno e autista fuorilegge la notte. La sua vita procede regolarmente con l’inerzia che lo contraddistingue, finché l’incontro con la ragazza della porta accanto cambierà la sua vita.

Nessun colpo di scena e uno script piuttosto semplice come una qualsiasi americanata action da anni ’90. Ma c’è dell’altro. Difatti la regia di Refn è di orientare un tipico heist movie verso una frontiera più vicina al cinema d’essai, grazie a una regia dai tempi dilatati e una capacità di generare continue suggestive con la sola forza della camera. Ogni inquadratura dimostra come nulla sia stato lasciato a caso. La fotografia noir pennella ogni scena per rappresentarla come se fosse un dipinto di Edward Hopper. 

Drive è un film prevalentemente di immagini e di primi piani nel quale le emozioni si intravedono appena, come avviene ad ogni povero diavolo qualsiasi di questo mondo, o per un danese qualunque. La violenza e il sesso sono sopiti e risvegliati solo nel momento del colpire.

Per marcare ancora di più il territorio Refn non manca di mostrarci scene di efferata violenza spesso assenti in prodotti più commerciali dello stesso genere, e provenienti dai suoi colleghi d’oltreoceano.

Questo film è un piccolo gioiello che dimostra come il cinema può offrire ancora tanto se non viene messo alle strette da logiche meramente commerciali, e Refn è uno dei suoi nuovi profeti.