Dredd – La Legge Sono Io | Recensione

Dredd recensione

Al giorno d’oggi la realizzazione di un blockbuster destinato a fare grandi incassi al box office è studiato fin dai minimi particolari, tra analisi di mercato e trend provenienti dai social network. Le produzioni si cimentano nello sport più praticato del pianeta: l’acchiappa-like, tanto che adesso siamo arrivati al punto in cui è il pubblico a influenzare le decisioni delle major hollywoodiane, nel bene e nel male.

Ma non è sempre stato così, prima c’era più spazio per girare roba a caso e far arrivare nelle sale una vagonata di film pensati con il testosterone di una cavallo dopato, a volte funzionava, altre volte no, però c’era indubbiamente un certo margine di spazio sul piano creativo a dispetto di oggi. Questo per dire che negli anni ’90 arrivò nelle sale uno dei primi cinecomic ante-litteram, forse fin troppo in anticipo dato il flop al box office, in Italia col titolo di Dredd – La Legge Sono Io.

Il personaggio di Dredd nasce nel ’77 da una graphic novel satirica riguardo determinati aspetti autoritari della società contemporanea in cui viviamo, il messaggio era rivolto in particolare agli abusi da parte delle autorità durante il periodo “Thatcheriano” o “Reaganiano”.

A interpretare il possente giudice della strada c’è il nostro Sylvester Stallone, un’icona di quel periodo lì e action hero per eccellenza. Una scelta di casting che però ha causato delle pesanti ripercussioni sull’intero progetto, con Dredd impegnato a interpretare Stallone, e non viceversa. 

In un futuro distopico ciò che rimane della civiltà si trova dentro le  possenti mura che difendono le enormi megalopoli dal deserto radioattivo. Città costruite dopo una guerra nucleare che ha reso inabitabile gran parte del pianeta terra. Dentro questi enormi agglomerati urbani la società civile è letteralmente suddivisa in verticale, con le classi più abbienti ubicate ai piani più alti degli enormi grattacieli e gli emarginati reclusi ai piani inferiori. Vige un sistema di Stato di polizia che mantiene l’ordine con metodi fascisti contro la criminalità dilagante tra gli strati sociali più bassi della popolazione.

La polizia, per cercare di mantenere efficacemente l’ordine dispone di un corpo d’élite, i Giudici, figure incaricate di mantenere l’ordine con ogni mezzo a loro disposizione, compresa la facoltà di giustiziare chiunque in seduta stante. La loro arma multitasking d’ordinanza è chiamata IL LEGISLATORE, tanto per capire di cosa diavolo stiamo parlando.

Dredd con la sua stazza da campione olimpionico e il suo carattere inflessibile, è il giudice più temuto di Megacity One, e rappresenta il prototipo dell’uomo honestohh, tuttavia con il difetto di applicare il fascismo alla lettera, e cazzogliene se il sistema è ingiusto. Tutto cambia finché il nostro giustiziere della strada diviene vittima di un complotto ordito nei suoi confronti da parte di alcuni nostalgici dei tempi andati che non si accontentano di uno Stato di polizia, ma pretendono un sano ritorno del nazionalsocialismo alla vecchia maniera. Così tramite una montatura creata ad arte Dredd finisce sotto processo per alto tradimento ed esiliato da Megacity One, da qui in poi dovrà cavarsela da solo in cerca di una riabilitazione sulla via di Damasco. 

Nelle prime scene la figura di Dredd e Megacity One sono piuttosto fedeli alla loro controparte cartacea, ed è una nota di merito se pensiamo che fino ad allora l’unico tie-in degno di nota era stato il Batman di Tim Burton. Dunque almeno nelle intenzioni iniziali la direzione è quella giusta, spiace però che i buoni propositi non durano molto e poco dopo le scene preliminari ci ritroviamo di fronte al classico action à la Stallone, con le sue immancabili smorfie, battute e sberle ignoranti. Ciò non è necessariamente un male, o almeno non per un ammiratore di Stallone, però è chiaro che il progetto viene fin da subito snaturato a causa della natura peculiare e trasbordante di Sly. 

Ciononostante Dredd rimane nel complesso un film divertente quanto basta, non più ignorante di tanta altra roba girata in quegli anni. Oltretutto possiede qualche buona idea sparsa qui e lì, alcune delle quali notevoli, come per esempio la presenza di Hammerstein (il robot killer) o la famiglia di cannibali. Infine merita una menzione speciale anche l’aspetto scenografico, in linea con il design cartonesco dell’opera originale, ma anche come testimonianza di un modo di fare cinema ormai estinto. 

Come scritto poc’anzi: Dredd è un blockbuster con tutti i connotati mainstream dell’epoca. La sua sfortuna fu di essere arrivato nelle sale troppo tardi e troppo in anticipo per altri aspetti. Tardi perché gli action hero erano già tramontanti e un attore come Stallone rappresentava il decadimento di quel genere lì. Troppo presto per il fatto che il genere cinematografico a cui appartiene non aveva ancora quell’appoggio corale di quel pubblico nerd che oggi fa la fortuna dei vari cinecomic. Un pubblico che d’altro canto prima nemmeno esisteva, se non in fasce dentro un reparto ostetrico. 

Ma la storia lo assolverà: Dredd è un blockbuster testimone di una gloriosa epoca e Stallone ne è il suo profeta. E malgrado in questo caso la figura del giudice sia stata divorata da Stallone, l’attore italo-americano resta un non plus ultra sempre e comunque. 

Adesso scusate, ma vado a comprarmi un LEGISLATORE