Poco più di trent’anni fa gli action muscolari andavano per la maggiore nel giro mainstream, predestinati a sicuri incassi ai botteghini senza che nessuno lamentasse il loro spessore di un foglio A4; cinema che ben si adattava alle misure dei bicipiti di attori come Sylvester Stallone, Arnold Schwarzenegger e Bruce Willis, che da soli valevano il prezzo del biglietto. Gli action anni ’90 sono per definizione cinema ignorante, costruito in buona parte da sberle, freddure e imprecazioni come se non ci fosse un domani. Aspetti che all’epoca erano considerati imprescindibili per un successo assicurato.
Ignoranza del quale siamo grati per aver contribuito a diffondere delle piccole perle che oggi possiamo solo sognarci, tuttavia negli ultimi anni stanno avendo una specie di revival, alla luce del successo di una nuova generazione di action, meno trash, ma più adrenalinici (John Wick docet).
Sinossi: John Spartan, con un nome che non lascia dubbi sulla sua virilità, è un poliziotto di Los Angeles alla ricerca del pluriomicida Simon Phoenix. Ma gli sforzi andati a buon fine per l’arresto del pericoloso criminale portano incidentalmente alla morte di alcuni civili. Finito sotto processo, Spartan viene condannato al “congelamento correttivo” nel crio-penitenziario di Los Angeles, insieme a Phoenix. E’ l’inizio di un lungo letargo.
Una trentina di anni dopo la città è completamene cambiata. Los Angeles ha cambiato nome in San Angeles, con i suoi confini che hanno inglobato le città più prossime. I cittadini vivono in un contesto di ipocrita armonia e serenità all’interno di una società tecnologicamente avanzata e fascio-political correct. I divieti di stampo totalitario sono molteplici, tra cui il contatto fisico e le imprecazioni.
Le felici e splendide giornate della popolazione san angelina vengono interrotte, per disgrazia o per fortuna (dipende dai punti di vista), dall’evasione di Simon Phoenix dal crio-penitenziario, tramite l’aiuto di un oscuro mandante. Il pericoloso criminale scatena immediatamente il panico nella pacifica città degli angeli. Circostanze per il quale la polizia cittadina si trova assolutamente impreparata, poiché più abituata a multare i cittadini per il mancato rispetto del coprifuoco e null’altro. In preda alla disperazione si opta per il risveglio anticipato dal congelamento correttivo di John Spartan, allo scopo di fermare nuovamente Phoenix.
La regia dell’italiano Marco Brambilla non contribuisce a rendere Demolition Man qualcosa di diverso dagli altri action d’oltreoceano di quel periodo, se non per una curiosa scelta cromatica della fotografia, differente sulla base dei due piani temporali cui poggia la storia.
Ma sebbene sia un action genuino e di poche pretese, è anche vero che a tratti supera le aspettative, in cui spicca uno Stallone in stato di grazia, bravo quanto basta per leggendari one-liner, con quelle sue smorfie e quella mimica facciale iper-asimmetrica.
Ciononostante in parte ci prova a presentarsi come un classico action con i connotati dell’epoca, con la fantascienza ai margini e la presenza di quegli altri ingredienti necessari per il successo commerciale negli anni ’90, tuttavia rimane in sostanza un titolo nel quale i confini con la commedia sono più labili rispetto altrove, ed è probabilmente la ragione per cui non sia finito nel dimenticatoio.
Adesso è rimasta solo una questione in sospeso: Come si usano quelle conchigliette?