Quando si parla di fantascienza, poche opere hanno lasciato un’impronta così indelebile come il primo Alien di Ridley Scott, quante volte l’abbiamo detto da queste parti? Uscito nel lontano 1979, questa pietra miliare del cinema non solo ha ridefinito il genere, ma ha anche dimostrato come un film potesse mescolare magistralmente horror e sci-fi. Alien è un’esperienza inquietante e claustrofobica, asciutta e perfetta. Spiace che poi l’abbiano pompata con le solite riflessioni post-datate come troppo spesso accade. Metafore dove non ci sono; metafore appiccicate.
Negli anni la saga di Alien ha visto alti e bassi (più bassi che alti), con sequel che, per quanto ne abbiano ampliato l’universo, non sono mai riusciti a replicare la purezza del terrore originale. Tanto che perfino James Cameron lo capì e se ne uscì con un’altra cosa. I dimenticabili capitoli successivi e spin off li abbiamo dimenticati, appunto. Arriviamo così agli ultimi anni, quando l’annuncio di un nuovo capitolo e il primo trailer di Alien: Romulus ha risvegliato le speranze di chi sperava in un ritorno ai fasti del passato, o almeno di vedere qualcosa di decente, che è già qualcosa.
Era chiaro fin dal principio che Alien: Romulus portava sulle spalle un peso enorme: non solo doveva cancellare definitivamente dalla memoria collettiva certi obrobri, ma doveva anche tentare di rinnovare la serie, riuscendo a catturare l’interesse sia dei millennials cresciuti a pane e xenomorpi, sia alle nuove generazioni cresciute a Marvel e olio di ricino, quest’ultima abituata a un ritmo e un linguaggio cinematografico più fluido e spedito. Cercare questo nuovo equilibrio è la ragione per cui molto probabilmente la scelta è ricaduta sul regista uruguaiano Fede Álvarez, un nome che magari non dice molto ai più, ma che negli ultimi anni ha guadagnato una discreta fama dalle parti dell’horror grazie al remake de La Casa.
Ma arriviamo al dunque: Alien: Romulus è il film che tutti aspettavamo? Beh, sì e no. È evidente fin da subito che Álvarez ha capito la lezione di Scott e Cameron, d’altronde un Alien senza la giusta atmosfera non è davvero Alien. E su questo punto, bisogna dargli credito, Romulus è un film che, visivamente e tecnicamente, soddisfa tutti i palati. Il world-building, elemento fondamentale della saga, è curato in ogni dettaglio, con richiami evidenti ai film precedenti che faranno felici i nostalgici quando la nostromo arrivava in orario. Ma è proprio qui che il film inciampa, perché se da una parte c’è tutto quello che serve per un ritorno in pompa magna, dall’altra non c’è nulla di più. Non è facile accontentare tutti, Álvarez (o chi per lui), consapevole del fatto del dover girare qualcosa a uso e consumo intergenerazionale, ha cercato di accontentare tutti, finendo però per non sorprendere davvero nessuno. Alien: Romulus è un fanservice bello e buono, nel bene e male, dal design delle creature alle citazioni visive troppo ammiccanti rivolte agli over 40. Contemporaneamente introduce anche un gruppo di giovani protagonisti che, sebbene ben caratterizzati, sembrano più un tentativo di agganciare le nuove generazioni che un elemento davvero necessario alla trama. Niente di grave per carità, semplice constatazione.
Alien: Romulus è un film solido, costruito su basi solide, ma che manca di coraggio, del fattore novità, cioè quello che un po’ tutti sperano di trovare quando si riprende un franchise di successo. È un film che tira dritto sul sicuro e che alla fine della giostra lascia la sensazione che il panorama visto sia sempre lo stesso. Un film godibile come mera operazione nostalgia, ben fatto, ma trascura il fatto che una volta Hollywood era un continuo brainstorming, che poi nelle sale arrivassero certe vaccate o meno è un altro discorso, ma almeno si provava a fare uscire qualcosa di nuovo.
Ma forse va bene così, dopotutto dopo tanti tentativi falliti, questo è già un risultato degno di nota. Le basi ci sono, adesso aspettiamo l’upgrade.