1485kHz (Se otto ore) | Recensione

1485kHz (Se otto ore) recensione

Da queste parti è risaputo che ci occupiamo di cinema di genere. Perché ci piace, e perché in Italia, troppo spesso, il cinema si riduce a commedie fotocopia, e nemmeno delle migliori. Il genere, quello vero, rimane ai margini. Ed è proprio per questo che ci interessa parlare di chi, controcorrente, prova a fare altro.

Michele Pastrello con 1485kHz (Se otto ore) mette in scena un racconto d’alienazione sociale che ti si incolla addosso come un incubo diurno, i più difficili in fatto di costruzione della tensione. Il corto, ambientato in uno spazio domestico chiuso e disturbato da segnali elettrici e interferenze radio, racconta una protagonista intrappolata in un metaforone. Ci arriviamo.

Pastrello non si limita a evocare il disagio: lo porta in scena con un linguaggio visivo preciso e disturbante. L’ambientazione modernista-surrealista, le luci innaturali, il sonoro sporco e instabile, tutto sembra suggerire che qualcosa si è spezzato, e che non c’è più margine per rimettere insieme i pezzi, un po’ come la seconda legge della termodinamica applicata alla settima arte. 1485kHz tocca corde che ricordano il cinema di Dario Argento: colori ipersaturi, omicidi teatrali, inquadrature soggettive che ti costringono a guardare attraverso occhi che non controlli.

Il punto di destinazione

C’è anche un lavoro interessante sulla memoria collettiva, infatti 1485kHz riprende la vecchia canzone di protesta Se otto ore vi sembran poche e la trasforma in un mantra svuotato, come se i sogni di riscatto sociale si fossero dissolti in un eterno presente senza speranza. La precarietà, il senso di isolamento, la fatica di esistere in un sistema che ti vuole stanco e ammutolito. La vera violenza è rarefatta. Tutto passa senza bisogno di spiegazioni o dialoghi pesanti. Altro grande pregio.

Non c’è provocazione gratuita né estetica fine a se stessa. 1485kHz è secco, compatto, ti resta in testa dopo i titoli coda, ergo funziona, e alla fine della giostra è tutto ciò che conta.

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