The Raid | Recensione

Spedito in Indonesia per realizzare un documentario sul Silat, torna a casa con uno dei migliori film da combattimento di tutti i tempi. Bella storia eh? Il merito di Gareth Evans è stato quello di aver intuito nel Silat (un’arte marziale tipica dell’arcipelago) il potenziale per entrare nella settima arte con la sola forza di calci, pugni e machete.

Possiamo considerare The Raid come il Fury Road delle arti marziali: pochi fronzoli e molta azione. Così spettacolare da essere entrato nei cuori di tanti cinefili malgrado non abbia ricevuto una distribuzione nei cinema nostrani, ma grazie a un passa parola stavolta più efficace a dispetto dei milioni mediamente sperperati per il marketing e la distribuzione di un film.

The Raid è un concentrato di azione. Sebbene i primi dieci minuti siano dedicati a una piccola introspezione sul protagonista per dare un po’ di spessore all’opera, si dimentica presto nel momento in cui il team delle forze speciali varca l’ingresso del palazzo sotto il controllo della malavita locale. Da lì in poi si prosegue in una spirale di violenza basata su spettacolari scontri all’arma bianca.

È inutile soffermarci sulla profondità della trama, poiché non è l’aspetto principale di The Raid, d’altronde è comprensibile fin dalle prime scene nel quale ci viene sbattuto in faccia il vero scopo della sua esistenza, costruita azione dopo azione, calci dopo pugni.

Tecnicamente non delude le aspettative di chi potrebbe dubitare riguardo un film interessante nelle intenzioni, ma dozzinale nella sua realizzazione. Anzi, ciò che stupisce di più, in particolare se parliamo di un regista all’epoca ancora sconosciuto, riguarda proprio la regia di Evans, semplicemente perfetta per ciò che deve fare, ovvero di spettacolarizzare al massimo il lavoro degli stuntman che si menano di santa ragione fino ai titoli di coda. Carrellate e inquadrature a mano si trovano al posto giusto e nel momento esatto quando servono per dare maggiore dinamicità all’azione. La fotografia tetra e fredda lo distanzia per certi aspetti dagli action statunitensi.

The Raid non possiede nulla di originale a dir la verità, senonché la differenza rispetto al passato è rintracciabile nella riscrittura del manuale degli action, con l’acceleratore delle arti marziali sempre al massimo per soddisfare tutte le pulsioni degli appassionati di un certo cinema di genere.  Il risultato finale è un concentrato di adrenalina come poche volte.

Nella sua messa in scena complessiva The Raid possiede pure la spocchia di volersi differenziare dal prodotto mainstream, e Gareth Evans sembra compiacersene ad ogni inquadratura, con la soddisfazione di aver realizzato un action senza filtri e senza dover dare nessuna giustificazione di sorta per aver realizzato un action in salsa hard-boiled, ove lo spessore del film risiede nell’azione in sé.

The Raid è quel film che non ti aspetti, ma quando arriva fai i salti gioia perché credevi di aver già visto tutto. Oggi siamo inondati di action adrenalinici sulla falsariga del sopracitato, però non dimentichiamoci mai chi è stato il primo a spaccare i ****.