Spider-Man: No Way Home | Recensione

Spider-Man: No Way Home recensione

Giocaforza questo Spider-Man: No Way Home può essere definito l’evento dell’anno, nel bene e nel male, non perché nato in quanto tale, ma lo è diventato a sua insaputa tramite un hype (de)generato nelle ultime settimane senza cognizione di causa tra le file dell’armada invecible del fandom Marvel, a sua volta spinto da una sfilza di youtuber che hanno passato le ultime settimane a fomentare il proprio pollaio, e non sempre per nobili scopi. Sebbene da un lato si possano capire le ragioni di un tale interesse (stiamo pur sempre parlando di Spiderman), d’altro canto c’è stata un’attenzione fin troppo esasperata nei confronti della sua uscita in sala che lascia un po’ l’amaro in bocca, poiché dibattere allo sfinimento di una news oppure analizzare ciascun singolo frame di un trailer va nella direzione opposta sul piano dell’intrattenimento e della spensieratezza. Ma a questo punto la domanda sorge spontanea: tutto questo hype ne è valsa la pena? Rullo di tamburi…suonino le trombe… … NÌ.

Spider-Man: No Way Home rappresenta la più classica delle storie dell’evoluzione dell’eroe, che in questo caso si traduce nel passaggio dall’adolescenza all’età adulta di Peter Parker. Un capitolo che rappresenta uno spartiacque nella vita di Peter, un passaggio necessario al fine di raggiungere il punto zero, ovvero la fine della sua genesi e l’inizio di Spiderman nella sua consapevolezza di supereroe. È chiaramente un plot progettato a tavolino per iniziare un’avventura che durerà negli anni avvenire finché Tom Holland non invecchierà e saranno costretti con qualche escamotage narrativo a rimpiazzarlo con un altro bimbominkia. D’altronde il motto “The show must go on” è un mantra tutto statunitense, tanto che non si può negare come questo No Way Home sia una dei capitoli più spettacolari dell’uomo ragno mai realizzati, forse il più spettacolare di sempre sul piano della messa in scena, un gargantuesco circo che ripercorre e omaggia tutta la saga dello Spiderman-verse, targato prima Sony e poi Sony-Marvel, capace di accalappiare tutti i fan cross-gen con lo stesso modus operandi della pesca a strascico, tuttavia è da apprezzare lo stile con cui si approccia a questa operazione di marketing, con eleganza e sentimento.

Una lezione pedagogica per i ragazzini, una botta di nostalgia canaglia per gli altri mediante la sola presenza di attori del calibro di William Dafoe e Alfred Molina, che da soli riescono ad elevare questo nuovo capitolo di Spiderman in qualcosa di più di un semplice blockbuster in calzamaglia, in particolare grazie al loro carisma e a un’interpretazione più personale dagli standard Marvel. E alla fine poco importa se il casus belli di No Way Home sia più imbarazzante dell’omonimia delle madri in casa DC, dal momento che tutto ciò si dimentica presto grazie a un gioco pirotecnico di luci e colori che alla fine della giostra intrattiene e fa felice chiunque abbia a cuore le avventure dell’uomo ragno (lo dimostrano le urla di giubilo in sala), a patto però che si entri in sala con la stessa allegria e leggerezza di una passeggiata al parco.

Spiderman: No Way Home lancia come un razzo il suo protagonista verso degli orizzonti futuri di nuovo messiah dal box office facile. Non era difficile immaginarlo date le premesse e l’hype generato, ma il futuro appare addirittura più roseo di un qualsiasi eroe targato Marvel, malgrado con la stessa formula e la stessa ingenuità narrativa di un Mcu qualsiasi, ma forse con più sentimento. Già è un passo avanti.