Spawn | Recensione

Una premessa: non ho mai letto il fumetto di Spawn, e pertanto non so quale sia il background dietro la figura del suo protagonista, eccetto il fatto che sia stato creato da un certo Todd McFarlane.  A istinto Spawn mi fa venire in mente un anti-eroe amato da una generazione di teenager in rotta di collisione con i genitori. Leggendo il sacro internet ho scoperto che negli anni ’90 ottenne un discreto successo di vendita, motivo per cui si spiega perché la New Line Cinema abbia acquistato i diritti di Spawn per realizzarne un live action. Purtroppo, col senno di poi, si può supporre che alcune scelte iniziali e un budget relativamente contenuto lo abbiano falciato sul nascere, ad esempio tramite la scelta di affidare il progetto a Mark A.Z. Dippé, un professionista degli effetti speciali, chiamato al suo debutto per realizzare un proto-cinecomic non all’altezza delle sue competenze. 

Spawn appartiene a quella categoria di supereroi maledetti alla forsennata ricerca di un riscatto morale per aver venduto l’anima al diavolo (in questo caso letteralmente). Un anti-eroe dicevamo, complesso e rancoroso per un destino avverso, aspetti che però nel film vengono solo suggeriti in modo piuttosto dozzinale dato che il focus è più incentrato nella banale lotta tra il bene e il male. Una semplicità che può andar bene se solo non avesse anche l’aggravante di una realizzazione tecnica che a tratti rasenta il ridicolo, una beffa se consideriamo il background di Mark Dippè, da cui non credo ci si aspettasse chissà cosa sul piano registico, ma almeno ci saremmo tutti aspettati di meglio sul piano tecnico, in particolare per ciò che concerne la parte grafica,  che invece è ironicamente l’aspetto più risibile di Spawn, a tratti cringe anche per gli standard di un videogame di fine anni ’90. Fatta eccezione per i costumi, sia di Spawn e sia del clown vestito da Denny De Vito.

Non so quanto Spawn sia vicino alla sua controparte cartacea, ma è certo che sia indubbiamente lontano dall’essere un buon film dato che non possiede nemmeno una sceneggiatura accattivante. A ciò viene sottratto lo spirito sepolcrale della graphic novel da cui attinge (fonte: internet) a causa di una computer grafica degna di un episodio del Benny Hill Show. Probabilmente sarebbe stato un cinecomic decisamente migliore se solo avesse ammesso la sua ignoranza in partenza, e forse oggi avremmo uno Spawn migliore sotto altri aspetti. 

Ciononostante, se consideriamo il periodo in cui Spawn è giunto nelle sale non è il caso di continuare a mettere il dito nella piaga, poiché negli anni ’90 i cinecomic non avevano ancora assunto quel ruolo mainstream (ad eccezione per il Batman di Burton) e pertanto erano ancora in fase sperimentale e considerati di nicchia, oltretutto Spawn è arrivato un po’ in anticipo con i tempi, nel periodo in cui non vi era nemmeno l’esistenza di un pubblico pronto ad apprezzare un prodotto del genere, ragione per cui non è difficile pensare che a tale live action non ci abbia creduto nessuno fin dall’inizio, nemmeno la produzione.

Ultimamente si vocifera di un possibile reboot sotto la regia del suo stesso creatore, pertanto non ci resta che sperare che abbiano fatto tesoro dagli errori passati e realizzino finalmente lo Spawn che ci meritiamo.