Scream 1/2/3/4 | Recensione

Scream recensione

Dietro L’ultima casa a sinistra, Le colline hanno gli occhi e Nightmare c’è il nome di Wes Craven, uno tra i più influenti cineasti del cinema di genere delle ultime decadi. Un nome che si è fatto strada tra la fine degli anni ’70 e gli ’80 in coincidenza con gli anni ruggenti dell’horror sia sul piano creativo e sia in termini di box office, non di rado con pellicole realizzate tramite mezzi di fortuna e pochi spiccioli. Una larga parte del merito va sicuramente a John Carpenter grazie al successo ottenuto con Halloween, un cult che ha dato vita a quel filone dell’horror denominato slasher. Un’ondata di uccisioni all’arma bianca che hanno riempito le sale per molti anni finché il genere non si è eclissato dal mainstream a causa di una sovrapproduzione che ne ha inflazionato il valore e l’interesse generale. Un grigio arco temporale durato fino al ’96, anno di uscita di un altro coniglio dal cilindro del Maestro Wes Craven: Scream.

SCREAM

Oggi possiamo affermare con certezza matematica come Scream abbia contribuito a dare vigore agli slasher e segnato un nuovo punto di partenza, dal momento che ha resuscitato un genere morto e sepolto da un pezzo grazie a un’inventiva sopra le righe, tra ironia, slapstick e citazionismo spinto. Sì perché Scream cita esplicitamente Halloween e Venerdì 13 come suoi factotum, inoltre, e qui viene il bello, elargisce esplicitamente le regole di un qualsiasi slasher old school per poi sistematicamente infrangerle allo scopo preciso di scompigliare le carte, cosa che banalmente funziona al fine di ottenere quell’intrattenimento fresco e divertente ai più, ma allo stesso tempo sofisticato e rivolto a chi possiede una minima conoscenza delle regole del gioco.

Una rinfrescata che si allunga progettualmente anche sul piano tecnico, in particolare salta subito all’occhio una fotografia più incline alla commedia a dispetto delle solite tonalità scure a cui siamo abituati nell’horror, difatti Ghostface agisce e colpisce sotto i riflettori. Il lavoro di Wes Craven si pone come un manifesto di destrutturazione e ricostruzione di un sottogenere per troppo tempo chiuso in un circolo vizioso e nostalgico dei tempi andati. Per tutte queste ragioni Scream merita un posto speciale tra i migliori horror/slasher di sempre, come confermato anche dal successo di critica e di pubblico, diventando fin da subito un cult istantaneo che ha spalancato le porte a una serie di copia-incolla malgrado siano uno peggio dell’altro. Ma d’altronde non c’è nemmeno tanto da scandalizzarsi poiché scimmiottare appartiene al MinCulPop degli arrivisti, Venerdì 13 docet.

SCREAM II

Stessa formula del primo: slasher meta-cinematografico. Ma stavolta Wes Craven ci delucida letteralmente in aula sul funzionamento di un sequel horror, a cui spetta il dovere di accentuare maggiormente i connotati del predecessore. Detto/Fatto, Scream esegue il compito come da manuale. Inoltre c’è spazio a difesa di un genere abitualmente accusato dai media di un presunto coinvolgimento nei casi di cronaca nera. Un’accusa che si ripresenta ciclicamente ancora oggi.

Scream II non raggiunge le vette del suo predecessore, ma comunque si difende bene.

SCREAM III

Una marchettata da box office e autoreferenzialità portata ai massimi storici. Un capitolo così brutto, svogliato e fatto male da finire nel dimenticatoio in seduta stante. Una macchietta di sé stesso che butta nello scarico tutto ciò di buono proposto dai suoi predecessori. La formula con lo spiegone del manuale di cinema (in tal caso riferito al capitolo conclusivo di una saga) non funziona più come prima, dato che non riesce a tappezzare gli aspetti più deboli del film, che si dà il caso fa acqua da tutte le parti, non per mancanza di idee, ma per l’esecuzione piuttosto dozzinale e senza credibilità alcuna sul piano registico e interpretativo. Alla fine resta a galla solo una versione cringe del capostipite.

SCRE4M

Meta-meta-cinema all’ennesima potenza, più degli altri, meglio degli altri sequel. Meta-cazzate post-moderne, così viene definito Scream con una certa autoironia da una delle vittime di Stab, la fittizia saga cinematografica iniziata dal primo sequel e proseguita durante il corso di questa saga meta-cinematografica (una mega-meta-confusione totale).

Dall’arrivo nelle sale del primo Scream è cambiato tutto: il cinema, gli slasher, il mondo. Le regole sono saltate, la Final Girl è solo un mito da dimenticare. Scream 4 (o Scre4m) è un sequel che fa le veci di un reboot. Una roba da far girare la testa, più facile a vederlo che a spiegarlo.

Tanta carne al fuoco, Wes Craven non manca di lanciare frecciatine (coltellate forse è più appropriato) a destra e manca, prima contro un genere colpevole di aver perso estro e immaginazione a causa di un’eccessiva spettacolarizzazione delle morti a discapito di una narrazione degna di nota. Infine prende di mira i social e quell’insana forsennata ricerca della notorietà a tutti i costi.

Scream 4 è indubbiamente il sequel più riuscito, si nota per l’attenzione ai dettagli tecnici e narrativi, ma soprattutto dal ritorno di quella verve presente nel primogenito, perfettamente calibrata tra il serio e la commedia. Un capitolo conclusivo degno di una saga che ha riscritto le regole degli slasher e offerto una lectio magistralis a tutti coloro che amano il cinema dentro e fuori la quarta parete. Scre4m rappresenta purtroppo anche l’ultimo lungometraggio diretto da Wes Craven prima del suo trapasso. Un genio indiscusso e pertanto non resta che ringraziarlo per quel viaggio iniziato in quella casa a sinistra poco raccomandabile e concluso dentro un giro di giostra meta-cinematografico che non dimenticheremo mai.

Incubi d’oro Wes.