Predator 2 | Recensione

Il primo ricordo di Predator è un braccio tranciato a bruciapelo, sono passati circa trent’anni, ma quella scena si è piazzata nella mia memoria. Predator è un film rappresentativo di un tempo in cui le braccia saltavano in aria e basta. Era tutto più semplice: Una giungla, un alieno con i dreadlocks e un gruppo di marines con il testosterone di un cavallo dopato; non sono i protagonisti di una barzelletta, ma di un cult rimasto impresso nell’immaginario collettivo. Predator era tutto questo e oltre, una perfetta alchimia action/sci-fi che ruota intorno a un Arnold Schwarzenegger al suo massimo splendore. Un successo di pubblico che chiedeva, anzi urlava, un sequel, ma non senza che alcuni ostacoli lo declassassero di rating ancor prima dell’inizio delle riprese, perdendo una qualsivoglia ambizione a causa del rifiuto di Schwarzenegger e di John McTiernan nella volontà di continuare la saga. Ai loro posti vennero rispettivamente chiamati Danny Glover e Stephen Hopkins. Una nota stonata, perché sì, diciamoci la verità e con tutto il rispetto per il Danny di Arma Letale, ma senza Schwarzy il sequel di Predator partiva già falciato.

L’altra idea sul quale poggia Predator 2 sta nell’aver abbandonato la giungla della leggendaria Repubblica delle banane di Valverde per destinare il proseguo in un’altra giungla, ma stavolta di asfalto e cemento in una futuristica e distopica Los Angeles, come appunto mostrato all’inizio con una lunga scena di guerriglia di strada. Una distopia nemmeno troppo lontana dalla realtà, dato che il film è arrivato nelle sale americane nel ’90, poco prima delle famose rivolte di Los Angeles.

Dunque, in Predator 2 abbiamo un nuovo collezionista di teschi, stavolta in azione tra i vicoli urbani, con un modus operandi rimasto piuttosto invariato da chi l’ha preceduto, se non per qualche gingillo da killer in più, ciò che invece davvero differisce rispetto al primo Predator è il target delle sue prede, ossia bande di criminali armate che rappresentano una sfida per ogni predator interstellare che si rispetti. La caccia all’uomo è l’aspetto più intrigante di Predator 2, malgrado non vi siano scene d’azione degne di un sequel che partiva con determinati propositi, tuttavia alcuni momenti gore degni di nota alzano l’asticella dell’interesse in attesa della prossima vittima.

È inutile il paragone con il suo predecessore, Predator 2 è un B-Movie bello e buono, una markettata per elemosinare più dollari possibili dopo l’onda d’urto del capostipite, e purtroppo la qualità dei dialoghi stanno lì a ricordarcelo ogni qualvolta, in connubio con certe cadute di stile, come il predator che inveisce con frasi yankee ripetute a pappagallo, e infine alcuni grossolani buchi di sceneggiatura che non migliorano la situazione.

In conclusione, ci sono due modi per approcciarsi a Predator 2, tramite due prospettive diametralmente opposte: vederlo come un modesto sequel di un film perfetto o comprare i pop corn per una serata B-Movie. Nel secondo caso non rimarrete delusi.