It (1990) | Recensione

 
Chi ha paura dei clown? Immagino un po’ tutti e probabilmente  per lo stesso motivo. Un’intera generazione cresciuta con il timore che prima o poi Pennywise gli avrebbe una fatto visita entrando dallo scarico del cesso. Ma queste paure derivano a causa a un horror di qualità eccelsa?
Beh diciamolo subito che la risposta è no. It col senno di poi, e un senso critico più maturo, è un horror mediocre sotto molti punti di vista, tra l’altro con un finale che oggi definiremmo cringe, e oltretutto con un recitazione da soap opera sudamericana.
Ma allora come ha fatto Pennywise ad angosciarci per così tanto tempo?
 
 
Beh innanzitutto è giusto spezzare una lancia a suo favore a proposito della sua realizzazione dozzinale, dal momento che l’horror mediamente non raggiunge chissà quali standard qualitativi cinematografici, in particolare in passato, e anzi semmai rappresenta la settima arte dell’arrampicata sugli specchi. Quasi un miracolo che alcuni di essi siano diventati dei veri cult, se non capolavori. Qualche esempio è Non Aprite quella Porta di Tobe Hooper, oppure i vari slasher che ci hanno fatto compagnia per tanto tempo, da Venerdì 13 a Scream
It non rientra però in questa categoria di film indimenticabili, almeno sul piano tecnico, ma d’altronde era difficile pretendere di più da un horror realizzato con lo stesso coinvolgimento di un minatore che sa che ogni giorno dovrà rompersi la schiena, dato che stiamo parlando pur sempre di un mini serie TV per home video, che in quegli era sinonimo di cagata assicurata.
 
 
E allora cos’è che ha funzionato in It, cosa ha fatto scattare la molla del suo successo? Beh la risposta non è difficile, in quanto la si trova interamente sulle spalle dell’interpretazione sopra le righe di Tim Curry nei panni del Clown Ballerino, che riuscì a fare di Pennywise un essere inquietante e dall’atteggiamento vagamente pedofilo, per la gioia di tutti i bambini del mondo. Un mostro a due facce, una giocherellona e l’altra da orco. Il Clown di Tim Curry è stato uno dei nostri peggior incubi d’infanzia, non nascondiamolo. Spiace che la recitazione degli altri interpreti rasenta il ridicolo come un filmino amatoriale realizzato tra amici. 
Volendo fare un’autopsia possiamo sostenere che la prima parte è decisamente più riuscita della seconda, in particolare grazie a quei giovani attori che riescono ad essere più credibili dei loro alter ego adulti. 
La fortuna di un film mediocre come It fu quella di essere stato realizzato come un prodotto televisivo, e ciò gli permise a differenza di altri cult di entrare comodamente nelle nostre case senza che noi gliel’avessimo chiesto.
 
 
Nonostante tutto siamo ancora qui a parlarne, e il timore nei confronti di Pennywise non l’abbiamo forse mai esorcizzato abbastanza, riaccendendosi ogni qualvolta vediamo un clown da qualche parte. 
Il remake non è stato capace di terrorizzarci, perché siamo cresciuti e perché le nostre paure sono altre e purtroppo più complesse di quanto avremmo immaginato da ragazzini, ma It è ancora lì ad aspettarci, per dimostrarci che in fondo era solo uno scemo vestito da pazzo a dispetto di una realtà che in fondo sa essere più crudele.