Il Tredicesimo Piano | Recensione

Matrix dei fratelli/sorelle Wachowski è stato indubbiamente uno dei film di maggior spicco della seconda metà degli anni ’90, sia come successo di botteghino e sia come influente fenomeno tecno-tamarro nella cultura pop di quel periodo. Contribuendo anche ad aver alzato l’asticella della qualità tecnica dei blockbuster, soprattutto in ambito di computer grafica. 
La trama di Matrix, con la sua verve tecno-new-age e tutte le varie interpretazioni (inutili) del caso, è stata per anni oggetto di discussione per nerd/geek durante l’epoca pre-social del web. 
Nessuno mette in dubbio la portata del fenomeno Matrix, però spiace notare come alcuni titoli dello stesso genere e dello stesso periodo abbiano avuto la sfortuna di essere stati oscurati dall’ombra del successo dei Wachowski. 
Un film che meritava perlomeno la stessa visibilità di Matrix è Il tredicesimo piano, un fanta-thriller diretto da un quasi sconosciuto cineasta di nome Josef Rusnak, e prodotto dal più familiare Roland Emmerich. 
Il tredicesimo piano possiede un’atmosfera che alterna il noir al cyber sci-fi, e per quanto mi riguarda solo per questo motivo meritava, e merita a tutt’oggi, almeno una visione. Se poi aggiungiamo una trama più articolata della media e un tocco di riflessione esistenzialista capirete la frustrazione per un film che avrebbe meritato certamente di più di quanto ricevuto.
La storia ha inizio con l’omicidio dello scienziato Hannon Fuller, lo sviluppatore di un software che fa uso della realtà virtuale, uno strumento che permette a tutti la possibilità di poter vivere epoche diverse attraverso l’utilizzo di un alter ego. In una di queste realtà, Fuller ha il tempo di scrivere al suo assistente Douglas Hall una lettera in cui rivela una scioccante verità prima di essere ucciso. 
La successiva comparsa di una misteriosa figlia dello scienziato sarà la chiave per arrivare a comprendere quella lettera e quale sconcerto c’è dietro quelle parole.
Il tredicesimo piano ha una trama strutturata come un gioco di scatole cinesi, dove esistono differenti realtà parallele. Un po’ come Matrix, ma qui il discorso è un po’ più complesso.

Anche i protagonisti, reali o presunti, si scambiano ruoli differenti in base alle loro scelte o secondo il caso. Con il risultato finale che niente è come appare, ma è tutto velato da un inganno di fondo, con il rischio per chi vive in quella circostanza di subire una crisi esistenziale da suicidio in seduta stante appena scoperta la verità. 

Consigliatissimo, potete rinfacciarlo ai fan di Matrix, come potete rinfacciargli pure quanto siano state sopravvalutate le sorelle Wachowski.