I Guerrieri della Palude Silenziosa | Recensione

Walter Hill è uno dei più grandi maestri del cinema di genere, lo sanno pure le pietre. Da lui è necessario iniziare per carpire le basi dell’action. E sue sono alcune delle opere più iconiche degli anni ’70/’80, tra i quali annoveriamo I Guerrieri della Notte e 48 Ore, tanto per citare i titoli più illustri.
Ma sarebbe un reato non considerare e ammirare l’intera filmografia del cineasta californiano in rappresentanza di un importante pezzo di storia della settima arte, compresi i suoi cosiddetti film “minori” (il virgolettato è d’obbligo).

Tra le sue opere meno conosciute troviamo I Guerrieri della Palude Silenziosa. Un nome pietoso a dispetto dell’originale Southern Comfort. Titolo geniale e beffardo per un dramma che mostra un gruppo di soldati della Guardia Nazionale sperduti nelle paludi del profondo Sud degli Stati Uniti. Un dramma non derivativo solo a causa di una natura ostile, ma anche per la presenza dei bracconieri cajun (una minoranza francofona locale) avversi alla presenza degli “stranieri”.

L’anabasi di Senofonte de I Guerrieri della Notte è riproposta in un’altra veste, più sudicia, come lo è una palude, quest’ultima vera protagonista di tutta l’opera, essa è ciò che decide i confini del possibile, e marca la linea tra la vita e la morte. Similitudini già viste con i guerrieri della notte durante la loro fuga attraverso le strade della metropoli.
In una scala di avversità dopo palude segue la tenuta psicologica del gruppo di soldati, costretti in circostanze estreme a fare i conti con le loro fobie e loro paure. La psiche diviene l’unica arma sul quale possono fare affidamento, ma allo stesso tempo è la più difficile da tenere a bada, alla pari dello stato d’animo di un soldato in trincea.

Southern Comfort (chiamiamolo nel modo giusto) è un film di Walter Hill con tutti i suoi connotati: realistico, violento, asciutto. Mai una parola fuori posto, silenzi disarmati. E sebbene le musiche di sottofondo ci ricordano quel profondo sud a stelle e strisce, le atmosfere e le suggestioni rimandano alla guerra del Vietnam sotto una prospettiva ideologica anti-militarista piuttosto diffusa all’interno di una generazione di cineasti che comprende nomi del calibro di Kubrick, Coppola e Stone. Nondimeno nell’opera di Walter Hill l’ombra delle violenze e delle proteste di strada perpetratasi negli anni ’70 aleggiano nell’aria come l’odore del gambero della Louisiana. E noi siamo lì a tentare di assaporarlo, con quel suo retrogusto al cianuro.
Capolavoro.