Fatman | Recensione

fatman recensione
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Ogni periodo di fine anno i titoli a tema natalizio escono dalle fottute pareti. Alcuni tizi di Hollywood hanno costruito una carriera con questa festività, mentre altri non possono fare a meno degli addobbi natalizi per ragioni a noi sconosciute, anche lì dove sono un mero optional, Shane Black docet.

Dicembre è un periodo speciale, c’è Babbo Natale: il nonno di tutti, spacciatore seriale di regali prima che i bambini crescano e imparino a loro spese cosa sia il mutuo di una casa. La tradizione vuole che Babbo Natale sia raffigurato come un uomo di grossa stazza e dall’aspetto rassicurante, sempre protagonista di commedie per famiglie. Fortunatamente nell’ultima decade sono spuntati come funghi dei Santa Claus lontani dal canone natalizio e decisamente più profani, come il Babbo Bastardo dei fratelli Coen o il Kurt-Babbo-Russell. Finora a questa rivisitazione di Babbo Natale mancava all’appello un vero figlio di buona donna in abito rosso. Adesso c’è l’abbiamo e i ragazzini lo chiamano Fatman.

Fatman è un Babbo Natale americano 100%, possiede un ranch, delle pistole e degli operai senza salario. Beve, fuma, spara e scopa con il volto di Mel Gibson mentre beve, fuma, spara e scopa. Scorazza per la cittadina in cui risiede con un pick-up very american people, rigorosamente rosso, e indossa un bellissimo giubbotto di pelle. Insomma, il nostro è l’idealtipo del contribuente a stelle e strisce, con quel tipico vezzo delle classi abbienti di premiare ogni bambino buono di questo mondo per pulirsi la coscienza, per poi invece spargere merda carbone a coloro che ascoltano gli Slipknot.

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Babbo Natale

Sebbene un film con Santa Claus sia di per sé totalmente surreale (d’altronde stiamo parlando di una figura letteraria/mitologica alla pari dell’omino biscottino), Fatman lo è ancor di più per certi aspetti, allorché mai ci saremmo aspettati di vedere nella vita un Babbo Natale in versione cosplayer da elettore trumpista, e ciò rende il tutto più straniante, in particolare quando non c’è proprio un cazzo da ridere, infatti Fatman è assurdamente serissimo, nonostante gli elfi (lo ripeto: gli elfi).

Sulla carta lo script possiede delle buone idee di base per uscirsene con qualcosa di interessante, una circostanza che avrebbe potuto giovare alla causa dei fratelli Nelms, il duo presente alla regia. Ahimè invece spiace vedere che a Fatman manca proprio quel mordente e si indirizza verso una narrazione lineare e piatta come il cervello di un terrapiattista. Difatti non ci sono né grandi momenti né colpi di scena, tira dritto fino ai titoli di coda senza sorprese, nella speranza che Mel Gibson sia il traino dell’intero progetto, senza però offrirgli degli assist decenti, oltretutto con un minutaggio a sua disposizione assolutamente da denuncia, dato che inspiegabilmente viene lasciato più spazio al killer con la faccia da venditore di narghilè e il carisma di un refrigeratore.

In conclusione Fatman rientra nella più classica delle categorie delle belle idee mal realizzate. A noi non resta altro che attendere il prossimo natale nella speranza di trovare sotto l’albero altro carbone per il barbecue.