Bone Tomahawk | Recensione

L’epopea d’oro dei western è ormai morta e sepolta da un pezzo, però negli ultimi anni è tornata in auge con alcuni titoli di un certo spessore, sebbene sotto altre prospettive non più legate ai classici di John Ford e gli spaghetti-western. Tra i lungometraggi più recenti e apprezzati troviamo in pole position due film di Tarantino: The Hateful Eight e Django Unchained. Due film western nell’ambientazione, tarantiniani nella sostanza. Nella lista c’è anche il riuscito La Ballata di Buster Scruggs dei fratelli Coen. Ma non dimentichiamoci anche dell’ottimo The Proposition, un western australiano dal tono più intimo e autoriale. E infine Bone Tomahawk di S. Craig Zahler, meno conosciuto ai più, e per certi aspetti l’opera più sperimentale tra i titoli sopraelencati, poiché passato e presente si miscelano per raggiungere un’altra direzione.

“Un pugno nello stomaco”, “Un western a forti tinte splatter”, “Per stomaci forti”,: Così le recensioni descrivono Bone Tomahack, come se fosse principalmente un horror a causa di qualche scena cruda di troppo. Un po’ come definire Parasite una commedia per i suoi attimi di comicità. Niente di più errato, in Bone Tomahawk il gore è veramente minimale, quasi appiccicato, e forse un po’ forzato. 

L’opera di Zahler non si può racchiudere dentro una categoria ben precisa, perché è un miscuglio di generi sulla base di una rivisitazione dei classici del western, con un ritorno all’avventura on the road sulla falsariga di Sentieri Selvaggi. Un viaggio in slow motion, dal ritmo lento e a tratti vagheggiante, però mai stucchevole, grazie ad una scrittura intelligente e per nulla banale. Inoltre vi è una sottile ironia giostrata magistralmente da Richard Jenkins nel ruolo del Vice Sceriffo.

Sullo sfondo una tribù di cannibali trogloditi (non chiamateli indiani) come ingrediente di variazione dai canoni del western, che indirizzano il film verso territori più inclini all’horror, seppur in modo un po’ disorientante. Ma sebbene i trogloditi siano l’elemento chiave su cui ruota tutto il resto del film, rimangono un aspetto secondario a dispetto di un western che in realtà tenta di farsi ammirare per altri motivi, più orientati nel riscoprire lo spirito della frontiera del vecchio West.

Spiace che Bone Tomahawk in Italia sia arrivato direttamente per il mercato dell’home video invece di entrare direttamente dall’ingresso principale, meritava più fortuna.