Armageddon – Giudizio Finale | Recensione

Armageddon recensione

Houston questo volo è un vero sballo“, potremmo finirla qui e chiudere tutto, il pezzo di Armageddon e l’intera filmografia di Michael Bay. Perché sì, il cineasta californiano è la rappresentazione definitiva del Jersey Shore in formato pellicola, messaggero degli ideali conservatori a stelle e strisce. Armageddon rappresenta la summa del Bay-pensiero nel quale machismo, cristianesimo e misoginia si fondono in un blockbuster fracassone mediante una regia-mitraglietta in overacting per tutto il tempo finché non sopraggiunge la dipartita per dissanguamento degli occhi e delle orecchie. Che poi non è nemmeno questo il problema di fondo dato che Bay rimane comunque un talento (sprecato) sul piano tecnico, e oltretutto è sempre bene sottolineare che un onesto action è pur sempre meglio di un mal riuscito tentativo di introspezione psicologica non richiesta e fuori contesto, tuttavia il problema di Armageddon risiede nel sacrificare qualsiasi buon gusto per la narrazione a favore del mero spettacolo pirotecnico, urlando a squarciagola una visione fastidiosamente becera del mondo, infantile e reazionaria, insieme a una superficiale coolness giovanile anni ’90 già piuttosto cringe in quegli anni, figuriamoci oggi. Di conseguenza la lista degli imbarazzi è infinita tanto quanto l’ego smisurato di un regista dal ritmo forsennato che non possiede la benché minima voglia di preservare un pizzico di dignità in mancanza di un bagaglio culturale per la scrittura. I dialoghi cazzo! I dialoghi!

Il terzo atto di Armageddon sacrifica qualsiasi logica del buon senso per spettacolarizzare e virare il disaster movie in un action ipercinetico à la Michael Bay nel senso più stretto del suo significato, da questa prospettiva poco importa la plausibilità scientifica, come è altrettanto inutile cercare un minimo di logica razionale a tutto ciò che accade dentro lo schermo, Bay guarda altrove, distratto dal realizzare una diavoleria turbo-dinamica che non dà nessuna possibilità di riflessione di sorta poiché ci riempie di pacchianeria un tanto al kilo secondo dopo secondo, minuto dopo minuto, fino ai titoli di coda e quell’orrenda traccia degli Aerosmith. Il Bayhem è un parco giochi in cui il pensiero critico è bandito e Platone gioca a Call of Duty sotto effetto di anfetamina.